Bob Arum a 92 anni si occupa ancora di boxe

    Avere 92 anni e occuparsi ancora di quel che facevi a sessanta, a cinquanta, a quaranta. Bob Arum non ha ancora smesso di lavorare con i pugni. I pugni degli altri. Gestisce ancora la leggendaria Top Rank, la società di promozione della boxe. Ha appena messo le mani su Christian Mbilli, francese, 26 vittorie, di cui 22 prima del limite, imbattuto. Ora il lavoro è farne una star. Una superstar. Bob Arum è andato a vederlo di persona a gennaio nel Quebec contro contro l’australiano Rohan Murdock e dice di essere rimasto folgorato dalla sua ferocia.

Per questa connessione allons enfants, di Arum s’è occupata L’Équipe nel numero di stamattina, con una pagina dedicata a lui per intero. 

Arum si sposta con una sedia a rotelle quando deve percorrere lunghe distanze. Suo genero, Todd duBoef, si occupa delle operazioni quotidiane e dovrebbe succedergli quando sarà. Il vecchio Bob nel frattempo continua a seguire di persona i volti più in vista della scuderia, tipo Tyson Fury o o Naoya Inoue.

 

  L’Équipe ricorda i passaggi principali della sua biografia, la passione per gli affari e le negoziazioni, la laurea alla Harvard Law School, il lavoro da avvocato presso il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti al servizio di Robert Kennedy. Arum è cresciuto in una famiglia ebrea ortodossa, nel 2022 disse in una intervista a ESPN di non aver mai visto un match di pugilato prima del 1962, perché andavano in tv il venerdì sera, e a quell’ora iniziava lo Shabbat, non era permesso accendere la televisione. Quando il fratello del presidente degli Stati Uniti gli affidò il compito di controllare il flusso dei fondi generati dal match Floyd Patterson-Sonny Liston, organizzato da Roy Cohn, Arum scoprì un mondo. Iniziò nel 1965 a occuparsi della parte legale di un evento e non ha più lasciato la boxe, continuando a esercitare la professione di avvocato fino al 1979. 

Ma per un avvocato esperto – scrive L’Équipe – valeva la pena sostenere un solo pugile: Muhammad Ali. Fortunatamente, il combattente più famoso dell’epoca non aveva un promoter. Al termine di un colloquio con Elijah Muhammad, leader della Nation of Islam e mentore di Ali, la questione venne risolta

Il match del 1966 si sarebbe dovuto tenere a Chicago contro Ernie Terrell, invece la Commissione atletica statale dell’Illinois rifiutò di accogliere Ali l’anti-patriota e il baraccone si trasferì a Toronto, con un altro avversario [George Chuvalo] al posto di Terrell, infortunato. Più di cinquant’anni dopo, Bob Arum sostiene che quel match rimane il più complicato della sua carriere. Eppure dopo sono venuti Ray Sugar Leonard e Marvin Hagler, il rilancio della categoria dei pesi mesi con combattimenti antologici, e Thomas Hearns, e Roberto Duran, e Oscar de La Hoya, e Manny Pacquiao, e Julio Caesar Chavez. Tutto in aperta rivalità con Don King, un dualismo che toccò il culmine – racconta il giornale francese – quando l’altro fu sospettato di volerlo ammazzare. Da allora la loro relazione si è ammorbidita. I due si sono parlati nel giorno dei rispettivi 90 anni, nel 2021. Restano politicamente distanti, Don King trumpiano, Arum – pare di capire – un democratico. 

 

    Sul suo Storie di Boxe Dario Torromeo ha raccontato: Me lo ricordo in una notte di fine ottobre ’82, all’interno dell’Hotel Mediterranée a Sanremo, cantare l’inno americano accompagnato al piano da un musicista di talento. È stato lui a darmi il lasciapassare per due delle notti più incredibili della mia carriera, un’accoppiata pazzesca. L’invito al matrimonio di Jack La Motta sui gradini della piscina del Caesars Palace di Las Vegas e un accredito stampa per la prima fila di bordo ring in occasione della sfida tra Marvin Hagler e Thomas Hearns. Merito non certo mio o del giornale per cui al tempo lavoravo, ma del mio amico Rodolfo Sabbatini, un grande uomo che conosceva alla perfezione la boxe e il mondo dei media. Era il socio europeo del boss americano, un’intuizione geniale che gli aveva aperto le porte della televisione che conta.  

Ci sono anche delle ombre nella vita del signore della boxe. Ancora Torromeo: Nel 1995 ha dovuto pagare 125.000 dollari di multa alla Commissione Atletica del Nevada, che lo ha ritenuto colpevole di avere versato una tangente per agevolare il nulla osta di una  riunione. Nel 2000 ha confessato in Tribunale di avere corrotto l’IBF per convincere l’Ente a porre in alto nelle classifiche i suoi pugili. Roberto Duran, nel corso di un’intervista che mi ha concesso nella sua casa di Miami molto tempo fa, l’ha accusato di non avere mai versato al fisco la percentuale di tasse che invece tratteneva dalle sue borse.

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