A Monza parlano di scudetto e non c’entra niente Paola Egonu

Il logo è uguale, la società è la stessa. Solo che la Vero Volley al femminile si porta dietro il nome di Milano, al maschile quello di Monza, il suo nido d’origine. Monza è diventata Milano dove andava costruita una bolla glamour, per esempio intorno a Paola Egonu. È rimasta Monza nel posto dove non occorreva, perché nella Superlega maschile un’altra Milano esiste già. Eppure, Egonu insegue Conegliano nella A1 donne, mentre Monza è a una partita di distanza dall’impresa di far fuori i vice-campioni d’Italia di Civitanova, forse con la testa alla semifinale di Champions.

Monza si è messa tra le mani di coach Massimo Eccheli, un cinquantenne di Cinisello Balsamo mai uscito dalla cintura, nel senso che le sue esperienze precedenti d’allenatore si sono concentrate a Segrate. Già Piacenza deve sembrargli un altrove. Ha una gavetta alle spalle fatta di settore giovanile. Ha scoperto Piccinelli e ha lanciato Sbertoli, soprattutto li ha formati, trovando pure modo e tempo di vincere uno scudettino tra gli Under-16. A inizio stagione disse che avrebbe firmato per un quarto posto. Quando il quarto posto è arrivato davvero nella stagione regolare, ha rilanciato. Al Giorno ha raccontato che firmerebbe solo per lo scudetto. «Non dico che dobbiamo vincerlo ma dobbiamo giocare al massimo e cercare di vincerle tutte»  

Quando gli chiedono se la pallavolo moderna è troppo fisica, risponde che «non potrà mai prescindere dalla tecnica che resta uno strumento fondamentale per esprimere anche le qualità atletiche di un giocatore. Nella pallavolo giovanile cresce di importanza con l’aumentare dell’età di un atleta. Fino ai 16 anni può non essere così determinante, entrando nella fascia under 18, le caratteristiche fisiche di una squadra iniziano a marcare differenze piuttosto importanti» [a Volleynews]

Non ama la figura della squadra come una catena di trasmissione, la catena ha un principio e una fine. C’è un’altra immagine che gli sta più a cuore: «Da giocatore – dice – io ero un leader, forse un po’ egoista, e questo probabilmente non sempre mi ha fatto onore. Nella mia attività di coach mi succede quasi quotidianamente di dover intervenire per cercare di “correggere” alcuni comportamenti, nel tentativo di trovare la “balance” di gruppo e far sì che tutti possano avere un proprio ruolo e sentirsi come raggi di una ruota di una bicicletta». [a Kairos

 

Ha messo in piedi un meccanismo costruito su servizi precisi e potenti, grande solidità a muro, Ran Takahashi come terminale numero uno. 

Takahashi è un divo delle teenager nel suo paese, probabilmente a fine stagione tornerà a casa, l’Osaka Suntory Sunbirds gli ha fatto un’offerta. Giocherebbe accanto a un campione olimpico di Londra, il russo Dmitriy Muserskiy, dal 2018 in Giappone. Takahashi possiede un account Instagram da 2 milioni di follower, un canale YouTube e uno di Tiktok con suo fratello, si chiama RanRui, la combinazione dei loro nomi. 

Di Ran si racconta che abbia una passione sfrenata per suoni e ultrasuoni. I suoni sono quelli della sua chitarra, gli ultrasuoni quelli dell’aggeggio che ormai adopera regolarmente. Un apparecchietto conosciuto durante la convalescenza per un infortunio alle ginocchia. Non lo ha lasciato più. Ran dice che quando lo usa di notte, si alza in modo diverso. Flettere le gambe gli viene meglio. Dopo aver fatto la doccia la sera, attacca il fattapposta su ciascun ginocchio per 15 minuti, poi si dà allo stretching per far circolare il sangue. Quando ha finito con le ginocchia, lo usa su altre parti del corpo. Pensando allo scudetto. 

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