I confini di Haaland e quelli di Ancelotti: diario dei quarti di Champions

I confini di Haaland e quelli di Ancelotti: diario dei quarti di Champions

   Avremo dunque in semifinale due squadre tedesche come non succedeva dal 2020, una sola squadra spagnola come un anno fa, una francese dopo tre edizioni senza. La Premier inglese è fuori. Aveva preso per sé 7 posti su 12 nelle finali dal 2018 in avanti, stavolta fa un balzo all’indietro, fa un balzo fino alla stagione della pandemia chiusa nella bolla in Portogallo, oppure potremmo dire fino al triennio 15-17, quando una sola squadra si qualificò per le semifinali [il Manchester City] su 12 posti disponibili.  C’è il Bayern che torna in semifinale dopo tre eliminazioni consecutive ai quarti. Sfiderà il Real Madrid: fra le iscritte erano le due squadre con più Coppe, 20 in totale, eppure non si sono mai affrontate in una finale e non accadrà neppure questa volta.  C’è il Borussia Dortmund che non gioca una semifinale dal 2013 contro il PSG che la mancava dal…

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La corsa che sembra un pellegrinaggio. La Freccia Vallone del Muro di Huy

La corsa che sembra un pellegrinaggio. La Freccia Vallone del Muro di Huy

Gli ultimi cento metri più lunghi del mondo sono questi. Stanno in cima a una salita, alla fine di altri ottocento, e si percorrono danzando sulla sella, ma è una danza unta, inquinata di fatica. Si sale storti come le case d’Amsterdam, mentre qui le case, ai lati della strada, sono piuttosto carine, a due piani, al massimo tre, sono fatte in mattoni o in pietre, hanno finestre senza imposte e le cassette delle lettere tutte uguali.  Qui è Huy, un posto dove si arriva contorti, avvitati su sé stessi, annodati e gommosi, alla maniera delle sculture di palloncini gonfiati per le feste dei bambini. Si va sospesi tra l’inferno e il cielo,  una strada di preghiere e di bestemmie insieme, di avemarie e misericordie, nemmeno le macchine ce la fanno, alla Freccia Vallone le fermano prima.  La strada si chiama Chemin des chapelles, va da 83 metri a 204…

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La febbre per la pallacanestro Caitlincredibile

La febbre per la pallacanestro Caitlincredibile

Dice Lin Dunn, direttore generale delle Indiana Fever, che ci sono voluti 20 secondi per fare la scelta. Forse sono stati quindici. Non è vero. Esagera. Certamente ne ha impiegati di meno, molti di meno, per stabilire che Caitlin Clark era la sola giocatrice da chiamare con il numero # 1 al Draft WNBA. Lei è parsa per qualche istante in ansia dinanzi alla commissioner Cathy Engelbert, almeno così pare alla redazione di The Athletic che ha seguito in diretta la serata. Si è alzata in piedi all’interno della Brooklyn Academy of Music, ha abbracciato la sua famiglia e ha visto una folla di fan che indossavano le magliette numero 22 dell'Iowa, l’università portata due volte in finale al campionato NCAA.     «Non riesco a immaginare una soluzione migliore, un posto migliore dove iniziare la mia carriera professionistica, un'organizzazione che crede nel basket femminile»   SEE YOU SOON CAITLIN!!…

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La grande bugia olimpica di cui abbiamo bisogno

La grande bugia olimpica di cui abbiamo bisogno

    Che fuoco sia. Comunque sia. Il caos del mondo è pochi km più a est di Mamma Grecia e dello specchio parabolico di Olimpia, dove nasce la scintilla che accende la fiamma dei Giochi. Tel Aviv è a 3mila km, Tehran a 3.500. C’è questo rito allora che si ripete, un rito nel quale siamo tutti qualcos’altro, siamo tutti qualcun altro, non solo l’attrice greca Maria Mina che interpreta una sacerdotessa del 766 avanti Cristo, ma pure noi che fingiamo di credere allo sport capace di fermare le guerre. Nel santuario di fronte alle rovine del Tempio di Hera, con i costumi ispirati all'antichità e davanti a circa 600 ospiti, tra cui il presidente del CIO Thomas Bach, ci ripetiamo formule incerte e leggende vaghe alle quali abbiamo assegnato compiti giganteschi, la messinscena di un mondo unito e felice intorno ai giovani corpi di ragazze e ragazzi che corrono,…

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