L’eretico Mura. Quattro anni senza Cattivi Pensieri

 

Le domeniche senza Cattivi Pensieri sono diventate 211. Un Cattivo Pensiero di Gianni Mura era la deviazione da un corso. Detour, dicono i francesi, che meravigliosa consonanza, una parola che contiene un pezzo imponente della sua vita, quella corsa, quella stagione, il mese di luglio, una porzione di tempo che segna un limite. L’estate non cominciava il 21 giugno. L’estate cominciava quando Gianni Mura partiva per il Tour de France. 

Erano partenze pure i Cattivi Pensieri, erano deviazioni dalle strade maestre che i giornali avevano preso in settimana. La deviazione è l’anima del racconto, al cinema, a teatro, nella narrativa. Spinge i protagonisti a reagire per tornare sulla via più giusta, che non vuol dire sempre esatta. In una deviazione c’è sempre qualcuno o qualcosa da salvare, una situazione, un amore, sé stessi. I Cattivi Pensieri si prendevano il compito di salvare un senso, mutavano la direzione presa – che so – da un dibattito, da una polemica, se ne allontanavano, spostavano lo sguardo, correggevano. 

 

HAIRETIKÓS – VOTO 10

Gilberto Lonardi, docente di Letteratura italiana all’università di Verona li ha definiti una volta «cose scritte con un piglio a volte leggero, divertente, ma lui guardava negli angoli della vita e dell’esistenza, non solo italiana, da parte sua c’era uno sforzo anche di ricerca».

Emanuela Audisio ha scritto che Mura «amava gli irregolari, il fumo, la libertà, i romantici, quelli che si buttano a salvare l’amico anche se non sanno nuotare, quelli che fanno, senza chiedersi se conviene, tutto quello che è sulla strada». 

I Cattivi Pensieri alzavano le vele senza ascoltare il vento. Sceglievano una direzione. Hairéo, dicono i greci. Hairetikós, colui che sceglie. È la radice di eretico, di chi diverge. L’eresia della domenica di Mura era diventata un rito. La giocosità di questa divergenza stava in una serie di numeri, i voti che marcavano l’abisso rispetto al giudizio comune fin lì ascoltato. Gianni Mura esercitava la responsabilità del giudizio con un estremismo che non esibiva nei toni, nei gesti, nei decibel, ma che lo accompagnava a ogni passo, in tutta la sua mitezza. 

I Cattivi Pensieri davano infatti 10 e davano 0. I 10  erano proprio autentiche eresie rispetto allo Spirito del tempo e alla Corrente principale, lettere maiuscole per non dover dire proprio qui davanti a Mura Zeitgeist e Mainstream. 

Una volta, era il dicembre del 2010, lo assegnò a Germana Cantarini, parrucchiera, 46 anni, cremonese, giocatrice di bocce, specialità raffa, aggiunse, perché era con il dettaglio che Mura diventava Mura. Era stata ferma un anno per curare un tumore al seno. Aveva raccontato che durante la chemio le gambe non la reggevano. Le avevano tolto diciassette linfonodi nella parte destra e lei era destra di mano. I primi tiri erano stati molto dolorosi, ma non si era persa d’animo e si era qualificata per i Mondiali. 

Due anni prima Mura aveva dato un 10 agli ottomilioni seicentocinquantamila italiani sopra i 14 anni sprovvisti di telefono cellulare. Vivono in mezzo a noi, non si sa come, e non ne sentono la mancanza. Ma non era moralismo. Gianni Mura il cellulare ce l’aveva. Non uno smartphone, ma ce l’aveva. Era testimonianza. Era divergenza. Era eresia. 

L’eresia bruciacchiava soprattutto ricchi e potenti. La fiamma più feroce scorticava con l’ironia. Così una domenica diede tutti 10, ma senza lode aggiunse, ai vari Arrigo Gattai, presidente dell’epoca del CONI; e Silvio Berlusconi [10 alle sue reazioni, alle sue relazioni, alle sue redazioni, alle sue trasmissioni, alle sue comunicazioni, alle sue formazioni, alle sue informazioni, alle sue costruzioni, alle sue televisioni, alle sue assicurazioni, alle sue colazioni, alle sue collezioni, alle sue operazioni], ad Antonio Matarrese re della federcalcio [alle sue pretese, alle sue chiese, alle sue sorprese, alle sue spese, alle sue distese attese, alle sue rese, alle sue prese], a Giulio Andreotti che voleva gli stranieri in nazionale – lui che comincia la settimana con Biscardi e la chiude con Gorbaciov

 

 

VOTO 0,5

Certe volte il 10 diventava -10 e l’eresia si rivolgeva verso la sua stessa parte, addirittura il suo giornale che stava pubblicando proprio quel pezzo. A Repubblica ne consegnò uno memorabile nel 1997, quando sotto la foto di Silvia Baraldini che compiva 50 anni era apparsa una didascalia con il capo d’accusa sbagliato. 

Ma il voto preferito dall’eretico Mura non era lo 0 né il -10, era lo 0,5 – chissà se qualcuno gli ha mai domandato perché. Se ne trovano in porzione quadrupla rispetto agli altri. Lo presero il Leicester per aver esonerato Claudio Ranieri e la Lega Calcio per aver multato un’iniziativa dei tifosi a Taranto contro l’inquinamento in città. Lo presero il sindaco Tosi di Verona per aver vietato l’esposizione della bandiera della pace nel 2008 e l’Alitalia per un vassoietto servito sul volo Az 314 tra Milano e Parigi. Dieci anni fa Mura confessò di sentirsi azzannato e trascinato giù da chi usava endorsement [“la parola-coccodrillo di palude]. Si domandava: Perché usare endorsement, che vale appoggio ed è pure più lungo? Non lo so. Zero virgola cinque, allora. 

 

I PAPI

Sono passati trent’anni da quando l’eretico Mura ebbe un Cattivo Pensiero e uno 0,5 pure per il papa. Alle ventimila donne di Bosnia stuprate dai serbi, Giovanni Paolo II aveva detto: «Trasformate l’atto di violenza che avete subito in atto d’amore e d’accoglienza»

Ormai – scrisse Mura – la chiesa cattolica non infligge più condanne a morte, ma condanne a vita. Voto a Wojtyla 0,5, nella circostanza. Dove la locuzione nella circostanza ha tutta l’aria di essere stato un faticoso compromesso raggiunto a tarda ora con qualche vicedirettore sudato, alla scoperta del pezzo in pagina. 

Ma per Francesco no, Mura in Francesco una quota di eresia la riconosceva. I Cattivi Pensieri gli portarono anzi molti 9 e una domenica spiegò perché: Tengo d’occhio il papa, ma ne sbagliasse una che è una. Ne salutò il diploma di sommelier ad honorem e fu preso da sollievo quando Bergoglio smentì di essere astemio. «Non sono astemio, bevo poco, come deve fare un papa, ma bevo vino di tutto il mondo». 

Ci avrei giurato sul fatto che il papa non era astemio. Baudelaire diceva che ogni astemio ha qualcosa da nascondere, e non sembra il caso di Francesco. E comunque – scrisse Mura – Gesù alle nozze di Cana con un miracolo tramutò l’acqua in vino, non in acqua minerale o limonata

Quando gli cercò un ruolo in cui Bergoglio potesse giocare, lo immaginò con l’1 sulla schiena, come Ardiles, e la libertà del 10 tradizionale. Potrebbe tirare calci d’angolo, di punizione e di rigore. Sarebbe quello cui passi il pallone e ci pensasse lui, altre speranze non ci sono. Ricordarsi, però, che questo papa non gioca a zona ma a uomo. Parla a tutti e a ciascuno. Sarebbe sprecato, da libero

 

 

DIO 

Negli ultimi quarant’anni di articoli, l’eretico Mura per 221 volte ha citato Dio, qualche volta con la maiuscola, altre con la minuscola. Gli parve che sembrava juventino” quando rese il campo pesante in favore delle truppe corazzate e contro i giochi leggeri del piccolo re al San Paolo di Napoli, in una giornata nordica, pioggia e fango, eppure Diego segnò quella punizione da dentro l’area. Diego era pure il suo secondo nome. 

Ma poi Dio gli parve texano quando sull’Aspin si scatenò un temporale e Armstrong poté scansare una giornata di attacchi previsti, gli parve brasiliano a molti Mondiali [ma qualche volta ha dei vuoti di memoria] e qualcosa di molto simile a Dio – scrisse – s’ è mosso nel cielo di Perugia”, quando si presentarono pioggia, grandine, campo allagato, l’arbitro Collina aprì l’ombrello e lo scudetto finì alla Lazio. 

Trovò che Dio non era un tipo elastico, il settimo comandamento non lascia spazio alle alternative. Lo scrisse nel cuore di Tangentopoli, quando le pagine della Politica gli chiesero un dizionario dello scandalo. Così tra le parole scelse il verbo rubare

È anche vero – disse – che non aveva un grande apparato da mantenere. Su questa terra, c’ è chi ha rubato per sé e per il partito, chi solo per sé, chi solo per il partito, chi non ha mai rubato. Non generalizziamo. Non demonizziamo. Non condanniamo. Non facciamo d’ ogni erba un fascio. Non facciamo sfascismo

 

Il più teologale dei passaggi di Mura è quello in cui recupera un brano del Vangelo di Matteo (7:6), la parabola in cui Gesù raccomanda di non dare cose sacre ai cani e perle ai porci. Lo fece per raccontare che è qui che nasce il binomio: due animali impuri per gli ebrei, animali viziosi, abominevoli. Non a caso i bestemmiatori li abbinano a Dio, e gli scontenti al mondo. Cani e porci: perché non cani e lucciole, porci e colombe, porci e gazzelle, cani e usignoli?

A proposito dei bestemmiatori, sottolineò che tutti gli squalificati per quel motivo si confessavano profondamente cattolici. È una precisazione superflua: solo i cattolici – disse Mura – bestemmiano, per gli atei non ha senso imprecare contro qualcuno o qualcosa che secondo loro non c’ è, quindi bestemmiare Dio equivarrebbe a certificarne l’esistenza. Che nel cattolicissimo Triveneto ci sia la massima presenza dei bestemmiatori è paradossalmente una prova di fede, anche se espressa nei modi sbagliati

Poi un giorno scoprì che l’anagramma di Bruno Giordano [il centravanti, non l’eretico] era “Dio Grano o gran Dioe che “Giraudo contiene Dio (quel che resta è ragù)

Gli piaceva quella frase in cui Galeano dice: «Non ho un dio. Se lo avessi, gli chiederei di non farmi arrivare alla morte. Ho ancora molto da camminare. Ci sono lune alle quali non ho ancora abbaiato e soli che non mi hanno ancora acceso». Non gli piaceva invece che Dio fosse tirato in ballo invano, né quando Don Verzè si sentì «in croce come Gesù» né quando Cavani batté il City e fece sapere: «Dio e la mia famiglia mi danno la forza di andare avanti».  

Non stupiamoci – scrisse Mura – se qualcuno smarrisce il senso delle proporzioni. Nel primo caso si può dire che Gesù non aveva un aereo privato né una Ferrari. Nel secondo, che Cavani non è minatore in Ucraina né disoccupato a Forcella e che magari la forza di andare avanti, giocando a pallone in una bella squadra e con un grande pubblico in cambio di una discreta cifra, se la può dare da sé

 

 

Quando l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby confessò a La Stampa che «ci sono momenti in cui pensi: c’è un Dio? E dov’è Dio?», il Cattivo Pensiero di Gianni Mura fu che «se l’arcivescovo di Canterbury ogni tanto ha dei dubbi su Dio posso permettermi di averne anch’io su Lotito, entità leggermente inferiore a Dio (ma dipende dai punti di vista, lo so)»

Se ora vi state chiedendo l’indicibile, la risposta è sì. Anche Dio ha avuto una pagella da Mura. Anzi due. Una domenica la fece giusta e prese un 9 per aver mandato una bassa pressione alle Hawaii, e questa bassa pressione ha bloccato il giro del mondo in mongolfiera. Un’altra volta dovette invece accontentarsi di un [ng] scritto così, tra parentesi, significava non giudicabile, perché a Mura non era chiaro se fosse stato più in forma quando creò l’ornitorinco o il radicchio di Treviso

Fatto sta che fra le millanta cose lasciate dall’eretico Mura c’è pure quello che chiamava Schema Ornella Vanoni, lo schema suggerito alle squadre ormai disperate. 

Proviamo anche con Dio, non si sa mai

 

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COVER |  illustrazione Pixabay

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