La nuova maglia dell’Inghilterra che fa discutere l’Inghilterra

La Nike l’ha chiamato un aggiornamento giocoso. Alla Croce di San Giorgio sistemata sul retro del colletto della nuova maglia della Nazionale inglese è stata data una mano di colori nuovi, adesso sono un blu che va nell’azzurro, un rosa che va nel violaceo, e insomma apriti cielo, God Save Pantone. Eppure sono giorni nei quali i sudditi inglesi dovrebbero aver altre preoccupazioni per le teste coronate. Invece. Quel che viene presentato come omaggio alla tradizione e alla storica nazionale inglese del 1966, niente, non è piaciuto. Più o meno siamo dalle parti del putiferio, con l’ex europarlamentare Nigel Farage – oggi conduttore tv – alla guida del conservatorismo indignato. La Federcalcio ha mormorato qualcosa in difesa della scelta, ma i prezzi delle magliette [124,99 sterline per gli adulti e 119,99 per i bambini] l’hanno trascinata nel gorgo della polemica.

I colori scelti sarebbero quelli delle divise d’allenamento della squadra di Charlton e Moore, gli eroi del Mondiale vinto, il solo grande trofeo di calcio in bacheca. Una versione disinvolta della Croce era stata utilizzata su una maglia dell’Inghilterra già nel 2011, disegnata da Peter Saville. Si è esposto pure il primo ministro Sunak, pure lui critico perché dice che non si scherza con le bandiere nazionali, le bandiere sono un motivo di orgoglio, di identità, rappresentano ciò che siamo, perbacco. Perbacco non l’ha detto. 

John Barnes non fa politica. È solo un ex calciatore e non riesce a capire di che diavolo stiamo parlando. Sul serio. «Se dovessero cambiare i tre leoni, allora capirei. Sarebbe un bel dibattito da fare». Si è rivolto a Shakespeare per trovare una risposta. «Penso che sia molto rumore per nulla. Non stanno cambiando il colore della maglia, i leoni ci sono ancora, non cambiano i colori della bandiera dell’Inghilterra»

 

Barney Ronay sul Guardian fa notare che il sostantivo flag – bandiera, pezzo di stamina utilizzato come emblema per scopi militari o navali, come decorazione, esposizione o propaganda – quando diventa un verbo [to flag], nella lingua inglese significa pure abbassarsi, sbattere le ali debolmente, diventare senza spirito.

Ronay scrive che con un po’ di lungimiranza tutta questa infelicità per una Croce su costose repliche di maglie in nylon si poteva pure evitare. 

Il Guardian, quotidiano progressista, ironizza. Ronay scrive che il viola poteva essere motivato come omaggio alla Domenica delle Palme, così anche il più patriottico dei critici sarebbe stato placato. Resta il fatto – continua – che non esistono leggi o regole riguardo alla profanazione di una bandiera, perché non è sacra. Se l’Inghilterra giocasse una partita in mare indossando una versione gigante di questa maglia, allora sì, in teoria potrebbe essere accusata di aver commesso un reato ai sensi del Merchant Shipping Act esponendo un’insegna errata. Vogliamo chiedere a Gareth Southgate anche se ha preso in considerazione tutto questo? Il fatto che non vengano infrante leggi o regole è di per sé significativo, visto che parliamo di cultura, di patrimonio e valori. La libertà di fregarsene dei colori dei tessuti, di un saluto fatto nel modo giusto  o dell’intimidazione che viene da una certa nozione di patriottismo è molto britannica. Uomini e donne hanno lottato per difendere questa libertà. Cosa potrebbe esserci di più degno da preservare?.

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Eppure la bandiera, ricorda Ronay, è stata spesso tagliata e riproposta all’infinito nel corso degli anni. Era sul un iconico abitino di Geri Halliwell. È stata incastonata nei fari posteriori delle Mini Cooper. È disponibile come maglietta in molti locali. 

A questo punto si presentano due domande. La prima: tutto questo ha davvero importanza? La seconda: c’è un modo per farla finita?. La risposta alla seconda è chiaramente no. è molto interessante l’analisi che a questo punto fa Ronay di ciò che si muove intorno al calcio. 

All’inizio c’era una piccola possibilità, allettante, che il fastidio per la rielaborazione giocosa della Croce (ma la spiegazione è falsa) potesse essere spacciata come l’ennesima espressione di routine della rabbia localizzata su Internet. La possibilità è svanita quando sono intervenuti i politici, con il contributo calcolato e sostanzialmente ipocrita di Keir Starmer. A Starmer, lo possiamo garantire al 100%, non interessa la questione in sé. La sua decisione di chiedere il ritiro della maglietta, amplificando così l’infelicità della gente per un tornaconto politico, arriva nel momento clou di un anno elettorale in cui la campagna laburista è tutta orientata a non assomigliare al partito laburista – che a quanto pare è il modo migliore per essere eletti fra i laburisti. Starmer è stato affiancato dal solito cast di persone che traggono profitto dalle cose alimentando le divisioni. Nigel Farage è un maestro. Joey Barton sta distribuendo briciole di verità su X, troppo spaventato per parlare davvero ad alta voce di una grande teoria della sostituzione, che fu anche strumento di propaganda chiave del partito nazista durante l’ascesa di Adolf Hitler

Ma Ronay dice pure che potrebbe essere forte la tentazione di banalizzare questo sentimento di rabbia davanti a una bandiera scolorita, perché sembra davvero banale, eppure questo impulso è parte del problema. La dichiarazione della federazione in risposta all’indignazione pubblico aveva un tono sconcertato e disinvolto, come se tutto ciò fosse completamente imprevedibile. In realtà non lo era affatto. Migliaia di persone hanno firmato una petizione per boicottare Nike. Il calcio è diventato l’amplificatore, l’eco di sentimenti innegabilmente reali, una riserva di malcontento e rabbia. Potrebbe sembrare una cosa tipicamente inglese. Nessun’altra nazione parla così insistentemente dei propri sentimenti. Ma la presenza a Wembley prima del Brasile [dove si parla di colpo di stato e di rivolte intorno alla maglietta della nazionale] e poi del Belgio [dove ci sono agricoltori che spruzzano letame sulla polizia in tenuta antisommossa] ci ricorda che là fuori esiste un’epidemia di infelicità e di alienazione. Il calcio è semplicemente il punto di raccolta di questi sentimenti. E ha la responsabilità di prendersene cura

Se poi tutto questo faccia bene o no alla squadra, chi lo sa. Tossicità, distrazione, pressione esterna, tutto avrà un prezzo ad un certo punto, pensa Ronay. 

 

Il conservatore Daily Mail monta la risposta del cittì Gareth Southgate: Non è la mia bandiera, c’è scritto grosso così nel titolo. In realtà Southgate  ha solo detto che la Croce di San Giorgio non può essere definita una bandiera, mentre l’altrettanto conservatore Telegraph tradisce una certa soddisfazione nel raccontare che l’iniziativa si è ritorta contro la Nike – che originariamente proponeva i colori dell’arcobaleno e che ha usato un viola e un blu che presentano possibili somiglianze con le tonalità di varie bandiere che rappresentano le comunità lesbiche, bisessuali e transgender. Che coincidenza scrive Ben Rumsby. Qualunque sia la vera ispirazione dietro la croce – conclude – la riprogettazione si è trasformata in un disastro di pubbliche relazioni a pochi giorni dal lancio del nuovo kit. Pare di leggere: Ben gli sta. 

 

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