La disfatta della procura di Gravina sulle plusvalenze

La disfatta della procura di Gravina

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Una disfatta, non c’è un’altra parola. La Procura della federazione è andata a sbattere contro il muro delle plusvalenze, acclarato, denunciato e descritto nei dettagli dai media nei giorni scorsi. È sotto gli occhi di tutti. Era un rigore a porta vuota. I pm di Gabriele Gravina sono riusciti a sbagliarlo peggio di Jorginho. Avevano la copertura di due inchieste in corso presso due Procure della Repubblica, una a Torino sui conti della Juventus e una a Milano sui conti dell’Inter. Non sono indagini chiuse, ma stanno tracciando una strada. La federcalcio se ne è discostata con alcune interpretazioni differenti da quelle dei magistrati. Ha inventato un presunto sistema di valutazione che avvocati con anni d’esperienza calcistica hanno smantellato come il Lego in due-tre minuti. In Figc conoscevano il punto debole del proprio impianto accusatorio, ma si sono fatti mettere all’angolo proprio da quel fattore. Non era di Osimhen, Audero e Rovella che bisognava parlare. Quelli vanno bene per mettere le foto sui giornali. Era sull’anomalia del ricorso sistematico che bisognava insistere, oppure sugli 8 milioni di valutazione per un Petrelli, sui 4 per Liguori e Manzi, che si doveva lavorare per far emergere la tossicità del sistema. Bisogna lavorare sulla differenza anche filosofica tra valore e valutazione. Ogni giorno i mercati non fanno altro. 

Come sottolinea Mario Sconcerti sul Corriere della sera, le plusvalenze sotto accusa riguardavano quasi tutti giocatori di serie C (l’altra squadra della Juve, ragazzi del Napoli). Per quella serie le valutazioni non hanno grandi variazioni. Con quelle attribuite si sarebbe comprato non un giocatore ma un’intera società. Non esistono ragazzi di serie C che valgano sei-sette-dieci milioni, sono prezzi da serie A. L’assoluzione è una provocazione irriverente per l’importanza del calcio e dei giudici che lo rappresentano

Non solo il tribunale non ha chiesto penalizzazioni, come si era giunti a ipotizzare per Parma e Pisa. Non solo non ha avanzato richieste di squalifica per i dirigenti degli 11 club, ma nemmeno ha proposto multe. Niente di niente. Un proscioglimento di massa, queste sono le sentenze di primo grado.

Giuseppe Legato su la Stampa la chiama una Caporetto per gli 007 federali.

Matteo Pinci su Repubblica sottolinea che dopo la sentenza ciò che ha colpito è stato il silenzio: nessun club ha rilasciato commenti entusiastici. Il motivo è semplice: la partita non è finita. Anzi, non è da escludere un bis. Perché è ancora in corso l’inchiesta della procura di Torino sui conti della Juventus e, la Procura federale non ha ricevuto gli atti. Con intercettazioni o documenti che costituissero “fatti nuovi”, il processo potrebbe ripartire su nuove basi.

Come dire che la giustizia sportiva funziona solo se lavora quella ordinaria. 

Matteo Pinci su Repubblica la definisce una sconfitta monumentale per il procuratore federale Giuseppe Chinèe parla di un approccio superficiale. Il peccato originale dell’intera inchiesta è non aver condotto una vera indagine: le migliaia di pagine di atti sono in realtà una enorme scatola vuota. Il procuratore non ha ascoltato i calciatori coinvolti, nemmeno chi aveva rilasciato dichiarazioni pubbliche utili almeno a suscitare dei dubbi: basta rileggere l’intervista del calciatore Luigi Liguori, uno dei giovani che il Napoli ha mandato al Lille nell’affare Osimhen, valutandolo 4 milioni, che ora gioca in campionati dilettantistici e che a questo giornale raccontò di non essere mai stato in Francia, dal club che lo aveva formalmente acquistato, rescindendo dopo un solo anno quel contratto. E la Procura non ha convocato neanche i dirigenti, non ha chiesto spiegazioni operazione per operazione

 

Secondo Alessandro Barbano, condirettore del Corriere dello sport-stadio, la sentenza archivia l’idea di una giustizia sportiva che si percepisca diversa e opposta rispetto a quella ordinaria, e che pretenda di sostituire la prova con il sospetto e il diritto con la morale. È un verdetto in linea di continuità logica con quello del collegio di garanzia del Coni su Juve-Napoli. Conferma che la legalità è una sola, quella definita dalle leggi dello Stato. Questo non vuol dire che le plusvalenze fittizie non esistano. Vuol dire piuttosto che la giustizia sportiva, come ogni sistema sanzionatorio, non è la cura più adatta per i mali del calcio, ma solo un rimedio estremo. Le plusvalenze, nella dimensione abnorme che hanno raggiunto, sono il sotterfugio con cui i club hanno risposto ai vincoli del fair play, cioè al sistema che ha imposto fin qui il pareggio di bilancio. E che si poneva due obiettivi: tenere i conti in equilibrio e impedire che il capitale finanziario drogasse la competizione sportiva. Entrambi gli obiettivi sono stati mancati. Perché attraverso le plusvalenze il calcio ha nascosto i debiti sotto il cuscino, salvo trovarsi presto con le casse vuote e con i debiti al collo, senza che fosse consentito agli azionisti di ricapitalizzare le perdite. Questo epilogo insegna che un sistema tendenzialmente anarcoide non si mette in ordine con un eccesso di regole. Il calcio italiano ha bisogno di riscoprire la sua vocazione manifatturiera e artigianale, fatta di vivai e di gestioni oculate. Il Villarreal e l’Eintracht, che eliminano Bayern e Barça, sono la prova che si può fare. Non servono salvatori con la toga, bastano bravi dirigenti

 

Resta un ennesimo caso in cui la federazione di Gabriele Gravina vede accadere cose e non sa porre rimedio. A conferma del fatto che non è la mancata qualificazione ai Mondiali il principale scorno di questa gestione, non è l’assenza in Qatar il principale motivo per prendere atto della propria impotenza e dedicarsi a un nuovo passatempo in famiglia. 

 

   Sembrava impossibile, ma la Federcalcio è riuscita nell’impresa di fare due volte una brutta figura sullo stesso caso: prima scoprendo all’improvviso le plusvalenze fittizie e poi inventandosi un metro oggettivo di giudizio del valore di un calciatore | @ Fulvio Paglialunga (scrittore, autore RAI)

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