De Coubertin e le porte chiuse. I dubbi sul rito nazista che i Giochi non cancellano

 

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I dubbi sul rito nazista che i Giochi non cancellano

  La sacerdotessa con la tunica bianca. Il braciere caro agli dei. La sacra fiamma che parte da Olimpia e giunge intrepida nella città dei Giochi. La prima volta che lo sport mondiale mise in piedi il rito, fu per aggiungere suggestioni alla cerimonia d’apertura dell’edizione di Berlino del 1936. Per quanto ci si giri attorno: le Olimpiadi di Hitler. La fiaccola ripartita tre giorni fa da Fukushima verso Tokyo ha riproposto l’antica tradizione e ora Jules Boykoff, ex calciatore e oggi scrittore, massmediologo, autore del libro Power Games: A Political History of the Olympic, si domanda se non sia il caso di rivedere certe abitudini con le sue immagini e le sue raffigurazioni. 

Ne ha scritto sul sito della NBC, che non è una tribuna uguale a tante. La NBC è la tv olimpica negli USA dall’altra Tokyo, dal 1964, ed è tra i finanziatori più rilevanti dei Giochi. Nel 2011 ha stipulato un contratto da 4 miliardi e 380 milioni di dollari per trasmettere le Olimpiadi fino all’estate prossima: l’accordo sui diritti tv più costoso nella storia. Sette anni fa, con un altro assegno da 7 miliardi e 750 milioni di dollari, l’intesa è stata prolungata fino alle Olimpiadi del 2032. La NBC – come dire – ha degli argomenti.

Boykoff scrive che la simbologia è in genere un balsamo, ma in mezzo a una pandemia, la staffetta della torcia di Tokyo rischia di sacrificare la salute pubblica sull’altare dello sfarzo olimpico – in nome di un rito fondato dai nazisti. Alcune tradizioni, specialmente quelle radicate nella propaganda nazista, dovrebbero essere cancellate. Inoltre, prosegue, i Giochi di Tokyo 2020 sono stati originariamente etichettati come Olimpiadi del recupero, in riferimento a Fukushima. Ma molti nella regione incolpano in realtà proprio le Olimpiadi per la lenta ripresa di Fukushima: alcune risorse sono state dirottate dalla città a Tokyo per i Giochi

Boykoff cita la testimonianza del giornalista Dave Zirin, il quale dopo una visita a Fukushima ha dichiarato: «Non ho mai visto niente di simile. Stanno cercando di girare intorno all’idea del recupero di un luogo che non si è ripreso. Non si può essere più cinici di così»

L’attivista Noriko Kyogoku dice che «Fukushima è stata sacrificata per la riuscita delle Olimpiadi di Tokyo». Hiroki Ogasawara, professore di sociologia all’Università di Kobe, ha soprannominato la staffetta «il lavaggio della torcia», una manifestazione cioè che ha distolto l’attenzione dai gravi problemi tuttora esistenti a Fukushima. Tutto ciò, sottolinea Boykoff, avviene poi con un rito attraverso il quale i nazisti rivendicavano il lignaggio ariano dagli antichi Greci. Se i manifestanti di Fukushima – e la gente in tutto il Giappone – chiede che la fiaccola sia fermata – dice Boykoff sul sito della tv partner delle Olimpiadi, è ora che ascoltiamo

 

De Coubertin e le porte chiuse

Che cosa avrebbe pensato il papà delle Olimpiadi moderne di questa edizione che Tokyo prepara senza spettatori internazionali? Ha provato a dare una risposta Philip Barker, firma internazionale dell’olimpismo, sul sito Inside the Games, sempre che si possa interpretare il pensiero di una persona che non c’è più in base ai suoi vecchi principi, secondo quanto ha scritto, togliendogli la meravigliosa libertà di cambiare idea. Barker ricorda che sin dal principio i Giochi olimpici moderni hanno avuto la fregola di attrarre spettatori da mondi lontani. L’agenzia Thomas Cook and sons avviò in vista della prima edizione in Atene (1896) trattative con compagnie ferroviarie e crocieristiche per offrire sconti sui viaggi, non solo agli atleti ma pure ai curiosi. 

Questa era la formula dell’epoca per gli spettatori. I curiosi. La società aprì uffici internazionali e si fece assegnare uno spazio nell’Hotel Grande Bretagne, la residenza di de Coubertin quando si trovava ad Atene. Nei suoi scritti c’è traccia del piacere per i turisti in arrivo, la maggior parte dei quali interessati alle gare del Panathinaiko: atletica, sollevamento pesi, ginnastica.

Il quotidiano Estia  di Atene – riferisce Barker – aveva chiesto l’abolizione del biglietto d’ingresso e di lasciare libero accesso per tutte le file di sedili. De Coubertin stimò che ci fosse folla fino a 60 mila persone e dieci anni dopo scriveva che  sono state le migliaia e migliaia di spettatori accorsi per applaudire i vincitori delle prime Olimpiadi a conferire all’istituzione il suo carattere globale e internazionale

Prima dei Giochi del 1912 a Stoccolma, gli organizzatori distribuivano materiale pubblicitario e cartoline illustrate ai diplomatici all’estero. La Berlino del 1936 ne stampò con lo stesso scopo in diverse lingue. È a questo punto, sottolinea Barker, che gli scritti di De Coubertin possono essere interpretati nei modi più differenti. Una volta scrive: Ci siamo abituati a giudicare il successo di un evento dal numero dei presenti”. Concorda o eccepisce? Un’altra paragona gli spettatori sportivi al pubblico del teatro e ragiona: Solo l’artista può dire quanto sia potente il legame con il pubblico, quale fluido strano passa tra loro, capace di scuotere i nervi anche del più forte performer e di trasportare lo spettatore o l’ascoltatore verso altezze di entusiasmo o abissi di disperazione

In un successivo articolo sul tema Origini e limiti del progresso dello sport scriveva: È stato dimostrato che l’assenza di spettatori scoraggia lo sportivo e riduce le sue capacità. Questa è una legge con un’applicazione quasi universale. Ma poco dopo avrebbe aggiunto: È stato dimostrato più e più volte che gli atleti possono lavorare altrettanto bene nei giorni in cui l’affluenza è inferiore al previsto. Solo se le folle sparse diventassero un evento abituale, potrebbe nascere  un certo scoraggiamento”

Barker trova che de Coubertin avesse una concezione definita quasi brechtiana sulla partecipazione è la competenza degli spettatori. Suggeriva che in linea di principio, lo spettatore ideale è uno sportivo in vacanza, che si prende una pausa dalla propria routine per seguire le gesta di un amico più bravo di lui o meglio allenato. Una folla troppo grande, dove i non atleti siano presenti in maggioranza, sarebbe dannosa dal punto di vista tecnico

De Coubertin morì nel 1937. La tv non aveva ancora trasformato la visione dello sport in un fenomeno di massa. Barker si domanda: Cosa avrebbe pensato de Coubertin di quelli che ballano con la mascotte o della Kiss Cam?. C’è un brano che risale ai suoi ultimi anni che pare possa fornire un indizio. De Coubertin scrive: Uno dei fatti inquietanti è che spesso quasi la metà degli spettatori presenti, o almeno un buon terzo, non sa quasi nulla dello spettacolo sportivo a cui sta assistendo. Sono proprio loro a mostrare il massimo entusiasmo e allegria

Oh, comunque, se è per questo, Barker alla fine ricorda che de Coubertin non voleva nemmeno le gare delle donne ai Giochi. Non con il pubblico.

 

Come vinco i Trials e camuffo lo sponsor

  Mentre oggi si corre in Italia la Cinque Mulini, in Inghilterra raccontano la storia di Chris Thompson, che si è qualificato per le Olimpiadi vincendo i Trials della maratona un mese prima di compiere 40 anni e a 23 di distanza dai suoi primi Giochi. C’è riuscito calzando come tanti le famose scarpe magiche, le Nike Vaporfly Next%, solo che erano irriconoscibili, completamente nere. Perché Chris Thompson non è un atleta Nike. Il suo sponsor è un’azienda svizzera, la ON. Anche loro hanno prodotto scarpe da maratona in fibra di carbonio, si chiamano Cloudboom, ma Thompson ha messo le altre, dipingendole di nero perché non si vedesse il baffo. La ON ha voluto che fosse tutto trasparente e ha comunicato di aver accettato la decisione del suo atleta perché «il prototipo della nostra scarpa pionieristica per le lunghe distanze è in fase di sviluppo, il nostro team di ricerca e sviluppo ha impiegato un po’ più di tempo del previsto per perfezionarla – ha detto una portavoce al Telegraph – ma ci preoccupiamo prima di tutto dei nostri atleti e crediamo che un sogno olimpico non debba mai essere compromesso per nessun motivo».  Nella finale mondiale di calcio del 1974, Cruyff si era scucito una delle strisce Adidas dalla maglia per non fare da testimonial al marchio rivale della Puma, con la quale aveva un accordo sontuoso. 

Non è la prima volta che Thompson indossa scarpe Nike mascherate. Aveva fatto lo stesso alla Vitality Big Half Marathon dello scorso anno. Scrive il Telegraph che questa storia non dovrebbe sminuire la straordinaria vittoria di Thompson, arrivata dopo una gara tatticamente brillante. Indossando scarpe Nike, non aveva alcun vantaggio sui suoi rivali. Si è solo assicurato di non essere in svantaggio. Ben Connor è arrivato secondo su New Balance, terzo Mo Aadan su pneumatici Nike.

 

in streaming in diretta Il cammino della fiaccola (qui)

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