Benedetto tu sia, Wout van Paperinaert

Cosa viene prima: l’uovo o la gallina. Cosa è venuta prima: la caduta di Wout van Aert o l’attacco di Mathieu van der Poel. Il Paterberg è uno di quei muri fiamminghi su cui si va all’attacco per un obbligo grammaticale. Qualunque sia la corsa che lo contiene. Non è alto più di 80 metri, ne misura 400 in lunghezza, ma quei 400 metri sono al 13 percento. Mathieu l’aveva cerchiato alla partenza sul suo piano di battaglia. Pensa: lassù qualcuno si stacca

Aveva fatto una prima selezione sul Taaienberg a 81 km dal traguardo, tirando dritto senza badare troppo a chi gli stava a ruota. Una volta sul Paterberg, ha lasciato che Oier Lazkano lo attaccasse in testa, con tutto il coraggio di cui i baschi sono provvisti in sovrannumero. Quando è giunto il momento che gli passava per la testa, Mvdp è andato. Mancavano 44 km al traguardo e giusto in quell’istante Paolino van Paperinaert è andato con la ruota posteriore su un mucchio di melma, la bici è slittata, lui è caduto, Mvdp invece volava sui ciottoli. 

Non lo sapeva, l’ha giurato e spergiurato all’arrivo di un Harelbeke dominata, non lo sapeva che il gemello era caduto in quel punto cruciale, qualcuno gliel’ha detto più avanti, mentre van Paperinaert inseguiva furioso, con la folla che ai bordi della strada gli urlava di crederci, di non fermarsi, di non arrendersi a quel diavolo vestito come un santo, dentro il suo saio bianco e un’aureola arcobaleno disegnata sul petto. Il van del Belgio si è riportato sotto al van dell’Olanda fino a una quindicina di secondi di distacco, ma i superuomini esistono solo nelle favole truccate, così a un certo punto le gambe erano diventate vuote, la testa pure, maledetto olandese hai vinto anche stavolta. Solo tuo nonno era l’eterno secondo, tu stai diventando l’eterno primo. 

 

Non c’è stata solo sfortuna, scrive Marc Sergeant nella sua analisi per il giornale fiammingo Het Niewuswblad. Prima c’è stato un errore. “Van Aert non deve perdere la ruota posteriore di van der Poel sul Paterberg – ma onestamente cosa sarebbe cambiato? 

Giovanni Battistuzzi su Giro di ruota ha detto: Che sarebbe finita com’è finita, cioè con Mathieu van der Poel davanti a tutti, era qualcosa che tutti, anche l’appassionato più acerbo, avevamo intuito presto. Ci sono giorni nei quali Mathieu van der Poel porta tatuato in viso l’avviso a tutti gli altri: ragazzi, mi spiace, ma oggi non ce n’è per voi. Era abbastanza prevedibile, l’unica incertezza era il luogo esatto: Paterberg o Oude Kwaremont? (che poi sono gli stessi del Fiandre, ma invertiti, tant’è; lassù nelle Fiandre tutto è condiviso, tutto è un amore universale, per le pietre). Non è sport da highlights il ciclismo. E non lo è soprattutto lassù al Nord, tra le pietre di Fiandra. Non ci sono highlights che possano tenere insieme lo sconquasso, lo sconvolgimento, il patimento e il turbamento di certe corse sul pavé

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Neppure Rachel Jary su Rouleur cerca degli highlights. In tutti i frammenti che ricorda, d’altra parte, la scena è sempre la stessa. Dice che l’olandese possiamo attaccarlo, possiamo superarlo, possiamo anticiparlo, ma sul terreno che gli si addice meglio Mathieu van der Poel verrà sempre a riprenderci.

“Non c’era nessuno con la sua stessa velocità e fluidità sull’acciottolato, non c’era nessun altro con il coraggio di pedalare a quel modo sulle curve bagnate e scivolose, non c’era nessun altro che manteneva la propria posizione nel canale di scolo con la stessa disinvoltura, bilanciando rischio e rendimento. Quando si tratta di correre nelle Fiandre, Van der Poel percorre quelle piccole strade e i muri ripidi come se fosse nato per far questo. Ora come ora, sembra non ci sia nulla che qualcuno possa fare per fermarlo”. 

Neppure quando si trova in inferiorità, neppure quando è circondato dai gialli della Visma si perde d’animo, lui lancia i suoi attacchi, “senza paura di avere meno compagni di squadra, incurante del rischi che corre nel disperdere così tanta energia. Questo modo di correre tenace, crudo, audace è il motivo per cui ha le strisce arcobaleno sul petto e sulla schiena”. 

Ora intorno a lui si è pure diffusa un’aria mitologica, come certi racconti su Kaiser Soze nei Soliti Sospetti. Invincibile, invulnerabile, imprendibile. Secondo Het Nieuwsblad, Mathieu van der Poel può mettere i bastoni tra le ruote anche ai migliori velocisti che partecipano alla Gand-Wevelgem.

E comunque: a uno che cade, si rialza, insegue, arriva a 15 secondi, crolla e al traguardo si piazza comunque terzo, cioè davanti a tutti tranne che a due – a uno come Wout van Aert che cosa gli vuoi dire?

 

 

COVER  |   Il poster di Mvdp si trova qui

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