Pogačar intende il ciclismo come se fosse il tennis

  Non ha lasciato nemmeno l’ultima tappa, eppure cosa gli costava. Ora c’è chi lo dice insaziabile, chi lo chiama cannibale, chi dice ingordo, ma non è questo o che. Nel ciclismo ce ne sono stati già altri così, grandi, grandissimi. Con Tadej Pogačar sembra una faccenda diversa. Dev’essere proprio che intende il suo sport come fosse un altro, tipo il tennis, dove vieni eliminato se perdi, non c’è altro da fare, puoi solo battere gli altri, batterli, voltare pagina, guardare al giorno appresso.

In una settimana di corsa in Catalogna, Tadej ha messo insieme quattro successi di tappa, un secondo posto, la maglia della classifica generale, quella della classifica a punti, quella dei GP della montagna. Ha vinto a Barcellona l’ultimo sprint del gruppetto fatto di ventitré corridori, probabilmente per esercitarsi, dovesse capitare l’occasione – che so – di finire così sul traguardo di una Liegi, oppure un giorno in un velodromo di Roubaix. Ha dato 3 minuti e 41 secondi di distacco in classifica all’avversario più vicino, Mikel Landa, e poi 5 minuti e 3 secondi a Egan Bernal, il ciclista che solo cinque anni fa avevamo scambiato per il Futuro.

Jordi Quixano su El Pais ha scritto che ormai vince pure senza volerlo, nel senso che non era pianificato, la squadra aveva lavorato per Marc Soler.  

 

  El Pais è andato a parlare dello sloveno con Joseba Elguezabal detto Papi, 42 anni, un signore basco che ha lavorato in fabbrica, nella fattoria del padre con un trattore, come buttafuori in una discoteca di Bilbao, fino a cogliere un’opportunità datagli da Julen Zubero, ciclista della Seguros Bilbao. C’era un posto libero come massaggiatore. È andato. Ora il suo lavoro è sciogliere il più forte ciclista del mondo dopo ogni gara, un trattamento di una cinquantina di minuti su diaframma, petto, mani, gambe, testa.

Joseba dice che di ciclismo non parlano mai, cosa potrebbe dire al numero uno. Le loro conversazioni spaziano dalle questioni di famiglia al cibo proibito, agli hobby. Pogačar ama le auto, Joseba i cavalli. Ne ha comprato uno e lo ha chiamato ovviamente Pogi. 

Eppure in Catalogna si è rivisto un Bernal credibile, perché – come dice L’Équipe – ha messo un po’ di ordine nella sua vita di ciclista. Non finiva sul podio di una gara del World Tour dal Giro nel 2021. Dopo aver rischiato di morire in allenamento in Colombia nel gennaio 2022, Bernal si è sentito di nuovo il corridore che era al Tour del 2019. La tv lo ha inquadrato più volte mentre guardava l’orologio, un gesto su cui quelli bravi ci costruirebbero una ventina di righe almeno. 

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