I papaveri di Wevelgem

  LA GAND-WEVELGEM  

 

Gaston padre era detto il Bulldog. Aveva corso per una dozzina d’anni tra le due guerre, dal 1926 al 1938, vincendo tre volte la Roubaix e una volta il Fiandre. Gaston figlio, pure lui ciclista, meno nobilmente era arrivato primo a una Gand-Staden. L’anno dopo, rimasto orfano, lasciò il Belgio e si stabilì nel Quebec, si iscrisse alla Scuola di Belle Arti di Montréal, sarebbe diventato uno dei pittori più apprezzati in Canada. L’ex primo ministro Jean Chrétien ha regalato molti dei suoi dipinti ai leader in visita nel paese, compreso papa Wojtyla.

«Ogni quadro che ho fatto mi ha richiesto quarant’anni – diceva lui – perché è il risultato di ciò che ho fatto dal mio debutto, di ciò che mi è riuscito, delle cose in cui ho fallito, di ciò che ho cercato, delle mie esitazioni».  

È questo il mondo dei Rebry, pennelli e biciclette, forse le due più grandi celebrità di Wevelgem, 30mila abitanti di lingua olandese nella regione fiamminga delle Fiandre occidentali, un posto che il ciclismo raggiunge andando in girotondo per 250 km, quando invece si parte poco distante da lì, Ypres, una trentina di km. È un’altra di quelle corse che per non invadere più le città con i suoi carrozzoni, porta in giro una geografia bugiarda. Ne ha scritto qualche tempo fa Alessandra Giardini su Domani. 

 

 

MAPPE

La città

La corsa dal 2003 Gand non la sfiora neanche: per anni ha preso il via dalla piazza del mercato di Deinze, dal 2019 si parte da Ypres, capitale dei tessuti di Fiandra, addirittura a 77 chilometri da Gand, in direzione sud-ovest. Quello che non cambia è il paesaggio: si costeggiano i cimiteri, le lapidi delle migliaia di giovani soldati venuti a morire nei campi delle Fiandre, lontano da casa, durante la Grande Guerra. Ovunque sia la partenza, il nome ufficiale della corsa è Gent-Wevelgem in Flanders Fields, e riprende il titolo della poesia scritta in memoria di un compagno da John McCrae, tenente colonnello canadese che a Ypres prestò servizio come chirurgo da campo. E il simbolo della corsa è il papavero, il fiore che nasce sulle tombe dei soldati. Wevelgem ospita il più grande cimitero militare tedesco del Belgio, 48.000 tombe. Dall’altra parte della strada, durante la guerra, era stato allestito un falso aeroporto per ingannare il nemico, sulla pista stavano parcheggiati aerei di legno. 

 

Negli ultimi anni Wevelgem è diventata una zona residenziale per i pendolari che lavorano a Courtrai e nei dintorni. Nella sua storia ha avuto una lunga centralità il fiume Leie, dove le operaie mettevano il lino a bagno, a macerare, prima che fosse lavorato nelle fabbriche cittadine. Per questo ancora oggi lo chiamano il fiume d’oro. Negli anni di gloria della coltivazione molti emigrarono a Wevelgem, tanti vi rimasero anche in pensione. Alla fine del XIX secolo i commercianti si riunirono in consorzio e cominciarono a fornire l’energia elettrica per l’illuminazione stradale. Oggi la coltivazione del lino è assai meno importante di un tempo, ma alcune aziende familiari resistono, con la loro nicchia di mercato. 

Anche il sindaco resiste. Jan Seynhaeve, cristiano-democratico, sulla poltrona da vent’anni di fila. Da ragazzo ha fatto il liceo classico, poi ha studiato da assistente sociale e si è specializzato in psichiatria. Continua a insegnare part-time e qualche anno fa ha preso una seconda laurea in management della pubblica amministrazione. 

Resistenza, anzi Resilienza, era il titolo dell’autobiografia di Aagje Vanwalleghem, nata Ana Maria Pereira Da Silva a Poção de Pedras, in Brasile, adottata da una famiglia della città quando aveva appena quattro mesi. Ha cinque sorelle, nate in Etiopia, anche loro adottate. Ha fatto la ginnasta, è stata medaglia di bronzo europeo nel 2005 al volteggio. Nel libro racconta dei comportamenti inappropriati subiti dall’allenatore Gerrit Beltman. 

 

LA CORSA 

Gli altri muri

Un tempo era la gioia dei velocisti nelle settimane delle Classiche del nord, Giovanni Battistuzzi del Foglio la definì la cugina di campagna. Oggi è un‘altra delle corse in cui si balla sulla sella. Nell’albo d’oro del passato si sono infilati nomi che con il Fiandre e la Roubaix non hanno avuto mai a che fare, Mario Cipollini per esempio, oppure Djamolidine Abdoujaparov, un peso piuma come Óscar Freire. Era una corsa a parte. Molti degli ultimi vincitori hanno invece familiarità con il successo nelle due corse Monumento del nord. Chi viene su queste strade, oggi ha una taglia con un’altezza media di 1 metro e 83, peso di 73 chili. Sotto i 70 chili sono in tutto una trentina. 

Oggi corrono in cinque che sono già arrivati primi: Degenkolb, Kristoff, Boasson-Hagen, Pedersen e Girmay. Boasson-Hagen è qui per la quindicesima volta in carriera. Ci sono tre dei primi-10 del ranking: Pedersen, Philipsen e van der Poel. C’è l’olandese Dan Hoole, che un anno fa arrivò ultimo con 11 minuti di ritardo e nel 2022 si lasciò alle spalle solo sette corridori. C’è il kazako Yevgeniy Gidich – che invece il traguardo non l’ha visto mai, non sa com’è fatto il cartello di Wevelgem, quattro partecipazioni e quattro ritiri. Ci sono cinquantatré debuttanti, lo spagnolo Albert Torres viene alla Gand-Wevelgem per la prima volta a 33 anni. Ci sono 35 belgi e 11 italiani, la quarta nazione più rappresentata, con Jonathan Milan curioso di scoprirsi. 

 

I FAVORITI

***** Jasper Philipsen

**** Mads Pedersen, Mathieu van der Poel

*** Olav Kooij, Tim Merlier, Jasper Stuyven

** Arnaud De Lie, Biniam Girmay, Michael Matthews, Laurence Pithie

* Tiesj Benoot, Jonathan Milan, Matej Mohorič, Jhonatan Narvaez, Nils Politt

[i pronostici di Spazio Ciclismo]

Dopo la caduta sul Paterberg alla Harelbeke, Wout Van Aert non ha cambiato programma. Stavolta passa, lo rivediamo mercoledì nella semiclassica  À Travers les Flandres e poi domenica al Fiandre. Ieri ha percorso 180 km in allenamento intorno a casa. Un buon segnale. Appena un anno fa la sua Jumbo-Visma aveva dato una dimostrazione di superiorità portando lui e Laporte abbracciati al traguardo. La sua generosità nei confronti del compagno francese gli aveva portato parecchie poche critiche, in un Paese dove svendere una classica come la Gent-Wevelgem – ricorda stamattina L’Équipe – è un sacrilegio. La questione stavolta non si pone. Non c’è nemmeno Laporte. 

 

 

Rachel Jary su Rouleur dice che un’altra coppia può decidere le sorti della corsa, la stessa coppia che abbiamo visto dominare la Sanremo, Van der Poel e Philipsen della Alpecin. 

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