Michel Hidalgo, l’uomo che cambiò il calcio francese

[SLa prima volta che il nostro calcio incrociò i passi di questo signore francese con un cognome in spagnolo impegnativo, nato a cinque chilometri da Dunkerque e a quindici dal confine col Belgio, in una piccola stazione balneare tra le dune (Leffrincoucke) di fronte alla Gran Bretagna, mancavano quattro mesi al Mundial del 78. La sua Francia era stata sorteggiata nel girone con l’Italia ma per febbraio era già stata organizzata un’amichevole, a Napoli, e non si poteva cancellare. Di Michel Hidalgo si racconta che quel pomeriggio abbia detto ai suoi con gran semplicità: «Andiamo in campo e divertiamoci», salvo correggersi nell’intervallo, l’Italia era avanti per 2-0. «Ho detto divertiamoci, non lasciamoli divertire». 

 

Hidalgo era soprattutto un sognatore 
Michel Platini
  A Zoff segnò allora due gol su punizione un ventiduenne di cui molto si parlava e che pochi avevano già visto, Michel Platini, di Hidalgo la perfetta traduzione in campo, l’interprete, l’esecutore materiale della sua idea secondo cui il calcio «debba essere più semplice, meno sofisticato tatticamente, non si può rinunciare alla fantasia, agli show personali per soffocare l’uomo». Lo disse in un’intervista per il Corriere dell’informazione a Beppe Viola, anticipandogli che gli eredi di Kopa e Fontaine erano finalmente arrivati, e si chiamavano Platini, Rocheteau, in difesa Trésor. Per questo il calcio francese avrebbe cercato una nuova strada, «a metà tra il bailado dei brasiliani e il totale degli olandesi».
La Francia ebbe il merito di credergli, anche se in Argentina andò come andò, e restò fuori pure dall’Europeo italiano due anni dopo. Ma al Mundial 82 di Spagna l’hidalgo Hidalgo si presentò davvero con quell’Idea Promessa a Beppe Viola, una specie di Brasolanda con quattro numeri 10Giresse Genghini e Tigana accanto a Platini, le carré magique – mescolando sul serio Michels a Zagalo. Così come i Tre Moschettieri erano Quattro, il Quadrato avrebbe poi aggiunto un quinto lato con l’alternativa di Fernandez. Una delle nazionali più belle di sempre, campione d’Europa nel 1984. Se non avesse perso ai rigori la semifinale di Siviglia con la Germania, al Bernabéu l’Italia avrebbe trovato una finale mondiale con la Francia molto prima di Berlino 2006, molto prima di Zidane. Ma se c’è stato quel giorno, se ci sono stati Zidane e la France black blanc e beur del 98, la radice è dentro la rivoluzione compiuta da quest’uomo. 

 

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